In media le ore lavorative all’interno di una giornata possono cambiare molto, non solo al di fuori, ma anche all’interno degli stessi confini Europei. C’è un pensiero diffuso per cui il benessere economico di un Paese dipenda anche dalla quantità di lavoro dei suoi residenti, ma in realtà non è così. Uno studio dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico ha infatti spiegato che a determinare la ricchezza di uno Stato non è la quantità del lavoro ma la qualità.
Le ore lavorative sono le ore che ogni singola persona destina allo svolgimento dell’attività lavorativa che gli viene assegnata e per la quale viene retribuito. Il calcolo delle ore lavorative non prende in considerazione solo l’orario previsto dal contratto, ma le ore effettive di lavoro svolto, comprendendo anche quelle extra destinate ad esempio alla riparazione o manutenzione degli strumenti da lavoro, la compilazione di fatture o ricevute, ecc…
Tutto questo diventa fondamentale nella determinazione dell’effettivo orario lavorativo.
Ma attenzione: a differenza di quanto molti possano immaginare lavorare di più non equivale a maggiori guadagni; gli Stati che registrano un numero maggiore di ore lavorative sono tra quelli meno produttivi.
Basta pensare ai lavoratori danesi che trascorrono a lavoro un numero di ore nettamente inferiore rispetto ai colleghi della Grecia che però, a differenza dei primi, versano in condizioni economiche nettamente più difficili.
In quale Paese europeo si lavora di più e quale ha il maggior numero di ferie
Shopalike.it, il noto aggregatore internazionale che ingloba al suo interno il meglio degli e-commerce attualmente attivi in un’unica piattaforma, ha condotto recentemente uno studio finalizzato a conoscere il numero di ore lavorative, ferie e festività nei vari Stati Europei.
Questo studio su quanto lavorano gli europei realizzato da Shopalike ha messo in evidenza dati decisamente interessanti soprattutto per quanto riguarda l’Italia e il confronto con altri Paesi Europei.
Durante l’intero anno coloro che lavorano di più sembrano essere i greci con 256 ore lavorative, mentre quelli che lavorano di meno sono i danesi con 216; gli italiani si posizionano più o meno a metà classifica con 234 ore lavorative annuali, insieme ad Olanda ed Estonia.
A differenza dell’Italia in cui l’orario lavorativo, per legge, non può superare le 48 ore settimanali la Francia presenta la settimana lavorativa più corta d’Europa con 35 ore di lavoro settimanali.
I Paesi europei che tra ferie e festività nazionali garantiscono più tempo libero ai loro lavoratori sono Malta, Austria e Regno Unito mentre quelli che hanno il numero più basso di ferie e feste nazionali sono Svizzera e Irlanda, con 29 giorni.
Inoltre, indipendentemente dal numero di ore settimanali stabilite per legge risulta che in Islanda nonostante il tempo pieno sia di 40 ore settimanali la media di ore lavorative è pari a 44,5 a differenza invece della Danimarca in cui le ore lavorative per un impiego full time sono 37 e i danesi trascorrono a lavoro solo un’ora extra a settimana. In Italia le ore settimanali per un impiego a tempo pieno non dovrebbero mai superare le 48 ore ma gli italiani lavorano in media 40,42 ore, in linea con i pochi straordinari emersi dalla presente ricerca.
Lo studio è stato condotto prendendo in considerazione solo le assunzioni full time e considerando solo le festività nazionali che non cadono nei giorni non lavorativi come le domeniche (ad esempio come può accadere per la domenica di Pasqua).
Italia: uno dei Paesi europei in cui si lavora più ore
Da un recente articolo pubblicato su quifinanza.it è emerso che l’Italia è uno dei Paesi europei in cui si lavora più ore a settimana. Lo Stivale accompagnato da altri Stati come Grecia, Spagna, Portogallo, Lituania, Lettonia e Slovenia sono tra gli stacanovisti europei ma ahimè non registrano, a livello produttivo, gli stessi risultati di Paesi come la Germania dove si lavora molto di meno.
C’è un’idea di fondo che negli anni ha portato molti Stati a sbagliare la loro politica lavorativa che parte dal principio che più si lavora più questo lavoro si traduce in una maggiore produttività.
Una cattiva gestione delle risorse umane è spesso sinonimo di minore produttività sul posto di lavoro. Non è infatti costringendo i lavoratori a trascorrere nelle aziende otto o più ore che uno Stato può aumentare i propri livelli di produttività e rimontare Paesi come la Cina. Il tempo trascorso in azienda a lavorare non è sinonimo di efficienza e produttività anzi, nella maggior parte dei casi, più i lavoratori sono costretti a fare orari di lavoro estenuanti più il loro rendimento cala inesorabilmente.
L’economia di un Paese che aspira a crescere deve puntare, non sulla quantità ma, sulla qualità del lavoro e deve munirsi di quelle attrezzature che gli consentano di confrontarsi con chi, in tal senso, si è già equipaggiato da tempo.
Uno degli Stati da cui bisogna prendere esempio è la Germania che è ricorsa alle assunzioni part-time al fine di spalmare l’attività lavorativa su più persone che saranno quindi costrette a rimanere in azienda un numero ridotto di ore.
Un numero minore di ore garantisce una maggiore lucidità mentale dei lavoratori e anche un più elevato rendimento. Di conseguenza, l’alto livello di produttività del Paese permette di retribuire in modo adeguato anche chi lavora poche ore al giorno.
In conclusione in Germania, così come anche in altri Paesi, c’è un elevato livello occupazionale e i lavoratori lavorano di meno ma percepiscono ugualmente degli stipendi dignitosi.
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